COACHING
2010 COACH MEETING BRUMMEN OLANDA
Nei giorni 25 26 27 giugno, al castello di Engelenburg nei pressi del villaggio olandese di Brummen, il Private Driving Club belga ha organizzato una riunione internazionale di coaches in memoria di Tom Ryder, uno dei massimi esponenti del coaching a livello mondiale recentemente passato a miglior vita.
Gli invitati, attentamente selezionati, rappresentano i più importanti e storicamente esclusivi coaches e teams attualmente sullo scenario, erano ammessi solo coaches originali e the whips (i guidatori) dovevano aver dimostrato, con la partecipazione a precedenti manifestazioni, di applicare il sistema di guida Howlett, quindi niente coaches di fattura moderna o sottoposti a radicali restauri e niente guidatori con le redini nelle due mani. l 15 teams presenti provenivano da Francia, lnghilterra, Olanda, Lussemburgo, Germania, Danimarca, Belgio e Svizzera ed il sottoscritto a rappresentare l'Italia, per ovvie ragioni logistiche i rappresentanti americani Signoni Pemberton e Piancone erano nella veste di invitati-osservatori ma hanno dato un loro contributo, come vedremo in seguito.
La particolarità di questo evento consiste nel fatto che, per la prima volta nella storia i membri di grandi clubs come il Coaching Club inglese, il New York Coaching Club ed il Private Driving Club belga hanno avuto la possibilità di vivere insieme un grande riunione, confrontandosi su varie tematiche della disciplina, scambiandosi idee ed informazioni.
La giornata di venerdì è stata una giornata conviviale nella quale si è tenuta una conferenza sugli aspetti e problematiche del coaching, relatori il presidente del Coaching Club inglese Signor Bill Ginns ed il Signor Pemberton del New York Coaching Club. Il sabato e la domenica i partecipanti hanno eseguito due percorsi ciascuno di 30 Km con alcuni passaggi impegnativi e resi ancora più duri dai 32 gradi di temperatura, fortunatamente uno stop per un bicchiere ed uno per il lunch davano sollievo a cavalli e equipaggi. Nella giornata di domenica ho avuto l'onore di avere ospiti in carrozza i Signori Pemberton e Piancone dai quali ho avuto informazioni sul coaching in America e ricevendo la sensazione che lo standard americano sia di primissimo livello.
Mi rendo conto che in quello che ho finora esposto vi siano termini, situazioni ed aspetti che possono essere compresi con difficoltà da chi è a digiuno in questa specialità, pertanto vorrei cercare di spiegare al grande pubblico di cosa stiamo parlando.
Le carrozze utilizzate sono dei Park Drags e dei Road Coaches con un peso in ordine di marcia comprensivo di passeggeri oscillante tra i 2000 ed i 2500 Kg, aventi un comportamento di marcia diverso da una normale carrozza ovvero molto scorrevoli su asfalto, molto pesanti su terreno molle causa la ridotta superficie di contatto con il terreno in relazione al peso, con tempi di arresto lunghi sempre dovuti all'inerzia della massa, un angolo di sterzata limitato dovuto alla tipologia costruttiva che impedisce alle ruote anteriori di ruotare sotto la cassa, con la conseguente possibilità, in caso di girate maldestre, di spezzare il timone, un sistema frenante non particolarmente efficace che aiuta a rallentare ma non paragonabile all'effetto dei moderni freni a disco, per cui possiamo dire, una carrozza piuttosto impegnativa da condurre; un'espressione che ci rende l'idea della difficoltà l'ha data durante una discussione il Barone Pierre de Chezalles: "c'est comme mener un bateau".
Per quanto riguarda i cavalli si deve cercare di conciliare l'esigenza di andature brillanti e distinzione al comportamento, appena visto, del coach, ovvero: devono prestarsi ai repentini cambiamenti di tiro causati dalla variazione del fondo stradale, i cavalli di timone devono aiutare i freni durante le fasi di rallentamento (da notare che l'uso delle braghe non rientra nei canoni classici del coaching) e devono saper fare arretrare 2500 Kg di coach in caso di retromarcia utilizzando la sola parte superiore della collana poggiante sulla parte del collo davanti al garrese ed inoltre, nelle voltate strette, visto il limitato angolo di sterzata del timone, non devono assolutamente girare di spalle.
Viste tutte queste difficoltà risulta evidente che i cavalli devono avere un lavoro di addestramento particolare, specialmente i timonieri, come già in passato ho avuto modo di scrivere, personalmente, per l'addestramento, utilizzo una carrozza di mia costruzione che come peso e caratteristiche riproduce il comportamento di un coach, non è possibile preparare un team di cavalli per il coaching utilizzando una carrozza normale.
L'importante è avere i cavalli psicologicamente preparati alle sopracitate situazioni e con spalle ben allenate, per ottenere ciò occorre prepararli con calma, con molto lavoro al passo (utilizzando le collane non i pettorali) e con assennata progressione, la fiaccatura di una spalla dovuta a lavoro affrettato comporta la perdita del lavoro fatto in precedenza e giorni di guarigione.
Altro grande fattore da considerare è dato dalla bocca dei cavalli, con il sistema di guida 'Howlett le quattro redini vengono tenute nella mano sinistra secondo un certo ordine e la mano destra è utilizzata solo per correzioni e cambi di direzione, risulta evidente che per avere una guida piacevole occorre che i cavalli non siano sulla mano parchè i cavalli che si appoggiano al morso, avendo le quattro redini sulla mano sinistra, rischiano di fare diventare un supplizio quello che dovrebbe essere un piacere, per cui occorre avere cavalli ben imboccati, rispettosi del morso e condotti da una mano leggera.
Quest'ultima affermazione che potrebbe apparire una banalità è, senza forse, la cosa più difficile da realizzare; innanzitutto per imboccare bene un cavallo c'e modo e modo e la mano leggera e sensibile è una cosa che pochi possiedono naturalmente, normalmente la si ottiene nel tempo educando se stessi, con concentrazione ed autocontrollo, riflettendo su quello che si sta facendo, imponendosi un'autodisciplina in cui l'azione della mano deve essere progressiva e non influenzata dalla situazioni e dagli occhi, non mettetevi a ridere, forse mi sbaglio, ma potrebbe esserci qualche vaga affinità con le discipline ginnico-spirituali orientali.
Altro fondamentale elemento nel coaching è rappresentato dalla tecnica di guida Howlett che prende il nome all'omonimo maestro e grande guidatore vissuto a Parigi alla fine dell'800, trattasi di un modo di guida sopraffino che negli ultimi decenni è andato, particolarmente nel continente, in disuso e che recentemente sta destando un nuovo interesse e che, se ben applicato, permette di eseguire qualsiasi tipo di manovra con estrema precisione, ma vista la sua complessità necessita di un buon istruttore. Personalmente ho avuto l'onore e la fortuna di avere come maestro il Barone Albert Moyersoen che è una delle, aimè, poche persone che tutt'oggi conosce alla perfezione i dettagli e le sfumature di questo stile di guida.
Ora il lettore si può domandare come di possa essere appassionati di coaching con tutte queste difficoltà, la risposta è semplice: la sensazione che si prova quando si guida a 2,5 mt di altezza con quattro cavalli che trottano bene, leggeri in mano, finimenti luccicanti, coach sfavillante, suono di rotolamento delle ruote ed una bella signora al fianco.
È qualcosa di unico, che ci fa comprendere come i nostri avi fossero buongustai della vita, recarsi con il proprio coach, trainato da un buon team, all'ippodromo o arrivare alla residenza di campagna dopo kilometri di buona guida era sicuramente più appagante che non l'uso di una Isotta Fraschini.
Un altro fattore importante per poter partecipare al coaching sono le risorse umane ovvero gli amici appassionati che con il loro aiuto consentono il lavoro di preparazione, la movimentazione del materiale occorrente, il lavoro di pulizia e tutto quello che comporta la partecipazione ad un concorso. Vorrei porgere un pubblico ringraziamento agli amici: Christiane e Margherite de Fleurieu, Gianni Bova, Sharon Corner e Christine Bibermair per la loro disponibilità ed il fatto che nel nostro gruppo si parlino 4 lingue non rappresenta un problema quando di è legati da un comune interesse e passione.
Spero di avervi trasmesso la "febbre da coaching" e di essere stato sufficientemente comprensibile anche ai non addetti ai lavori.
Cesare Martignoni riceve il Trofeo dalle mani di Colin Stillwell
Nel 2013 Cesare Martignoni viene insignito con il prestigioso trofeo "Road Club", trofeo dedicato a chi maggiormente s'impegna nel diffondere la conoscenza e la passione per un'attività assai particolare come il Coaching.